Attualità&Cultura

I casi di interruzione del lavoro per caldo eccessivo

E’ previsto che scatti la sospensione delle attività con integrazione salariale in presenza di alte temperature sui luoghi di lavoro.

Infatti, il caldo estivo, che ha raggiunto picchi tremendi, è fastidioso per tutti: figuriamoci per chi lavora in fabbrica, o nei cantieri e nei campi agricoli sotto il sole, e anche negli uffici privi di aria condizionata.

Le temperature estremamente elevate sono pericolose per la salute e favoriscono gli incidenti sul lavoro: le statistiche registrano un incremento degli infortuni quando si superano i 30 gradi, soprattutto per i lavoratori impegnati nell’edilizia e nell’agricoltura. Per l’Oms (Organizzazione mondiale per la Sanità) la temperatura ottimale negli ambienti di lavoro dovrebbe essere compresa tra i 16 ed i 24 gradi centigradi.

La risposta alla domanda, se si può sospendere o limitare il lavoro per il caldo, è positiva e proviene da fonti ufficiali: un recente messaggio congiunto dell’Inps e dell’Inail comunica che le imprese possono ricorrere alla Cigo (Cassa integrazione guadagni ordinaria) quando la temperatura sul luogo di lavoro supera i 35 gradi.

E ai fini del limite conta la temperatura «percepita», che come si sa, può essere superiore a quella ordinaria, a causa di diversi fattori, a partire dall’alto tasso di umidità che impedisce la traspirazione corporea, fino all’assenza di vento.

Cassa integrazione per il caldo: a chi spetta
La richiesta di cassa integrazione per il caldo può essere fatta per tutte le attività lavorative compiute in luoghi esposti all’azione dei raggi solari – come quelle svolte direttamente sotto il sole o sotto ripari inidonei a proteggere dal calore eccessivo – ed anche per quelle in cui vengono utilizzati materiali o indumenti che non sopportano le temperature elevate, come le tute protettive che gli operai devono indossare – spesso insieme a scarpe, guanti, e caschi – per fini antiinfortunistici.

Inps ed Inail fanno gli esempi dei lavori di stesura del manto stradale, di rifacimento di facciate e tetti di costruzioni, dei vari tipi di lavorazioni all’aperto che richiedono indumenti di protezione, e, in generale, di «tutte le fasi lavorative che avvengono in luoghi non proteggibili dal sole o che comportino l’utilizzo di materiali o lo svolgimento di lavorazioni che non sopportano il forte calore».

A prescindere dalle temperature elevate oltre i 35 gradi e dalla conseguente richiesta di Cig, il responsabile della prevenzione e protezione dei rischi – conosciuto con l’acronimo di Rspp – in qualità di organo deputato alla sicurezza aziendale, può disporre la sospensione delle lavorazioni in tutti i casi in cui ravvisa rischi o pericoli per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro, che ogni imprenditore è tenuto per legge a garantire.

In ogni caso il Dvr (Documento di valutazione dei rischi, redatto dall’azienda datrice di lavoro) deve contemplare le condizioni ambientali in cui i dipendenti svolgono attività lavorativa ed evitare situazioni di pericolo dovute all’esposizione protratta a temperature troppo elevate: la legge prevede espressamente il rischio di stress termico e individua i sistemi di prevenzione.

In un’occasione la Corte di Cassazione ha inoltre riconosciuto ad un lavoratore il diritto di astenersi dal lavoro, senza perdere la retribuzione, a causa delle «temperature proibitive»: in quella vicenda si trattava di freddo eccessivo, ma lo stesso principio appare estensibile alle situazioni di caldo torrido nell’ambiente di lavoro, perché comunque si verifica un inadempimento del datore nel garantire le adeguate condizioni di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, che legittima il dipendente a non svolgere la propria prestazione lavorativa.

Per saperne di più basta visitare il sito internet qui indicato.

Fonte: https://www.laleggepertutti.it
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